Mehul Chocksi |
Il signor Mehul Choksi è uno signore grande, grosso e coccolato. E si capisce subito perché, visto che si tratta del presidente del Gitanjali Group, colosso che fattura 1,5 miliardi di dollari ed è considerato uno dei nomi più rispettati nel mondo della gioielleria a livello internazionale. Dicono che ha costruito uno dei più grandi imperi dei diamanti e della gioielleria dell'India grazie a una tenace determinazione, guida visionaria ed eccellente comprensione del mercato mondiale. In appena venti anni ha creato il più prezioso conglomerato di gioielleria dell'India, oltre ad avere introdotto il concetto di distribuzione di gioielleria firmata e averla resa accessibile al grande pubblico, attraverso investimenti sia nel prodotto che nell'esperienza dell'acquisto. Il giornalista vicentino Paolo Madron, direttore del quotidiano on line Lettera 43 che ieri ha moderato la tavola rotonda "Il gioiello italiano ha bisogno di una nuova bussola", lo ha presentato come un formidabile retailer, con 2.500 punti vendita nel mondo, in procinto di raddoppiarli. Uno che sta introducendo il consumatore indiano al concetto del lusso, in un Paese dove peraltro la domanda di gioielleria è cresciuta del 62%. E allora, un personaggio così, capace di muovere quotazioni e interessi, cosa chiederebbe alla Fiera e ai nostri orafi? Orecchie aperte: «Marketing più veloce, comunicazione più rapida e immediata», risponde lui, che ammette di apprezzare l'execution (esecuzione) e l'appeal del design fatto dai nostri orafi. Al dibattito di ieri hanno partecipato, oltre al presidente della Fiera Roberto Ditri, anche Armando Branchini, segretario generale della Fondazione Alta Gamma che riunisce aziende italiane di reputazione internazionale, nella fascia più alta del mercato e Andrea Morante, amministratore delegato dei gioielli Pomellato. Per Branchini «importante evitare ristrutturazioni selvagge e trovare invece il modo di valorizzare la parte migliore delle imprese». Per Morante «bisogna costruire più brand». Per Matteo Marzotto, imprenditore e presidente di Enit, bisogna essere in grado di fare più sistema, magari a scapito dell'individualismo spaventoso che è sempre stato la nostra caratteristica.
Il signor Mehul Choksi è uno signore grande, grosso e coccolato. E si capisce subito perché, visto che si tratta del presidente del Gitanjali Group, colosso che fattura 1,5 miliardi di dollari ed è considerato uno dei nomi più rispettati nel mondo della gioielleria a livello internazionale. Dicono che ha costruito uno dei più grandi imperi dei diamanti e della gioielleria dell'India grazie a una tenace determinazione, guida visionaria ed eccellente comprensione del mercato mondiale. In appena venti anni ha creato il più prezioso conglomerato di gioielleria dell'India, oltre ad avere introdotto il concetto di distribuzione di gioielleria firmata e averla resa accessibile al grande pubblico, attraverso investimenti sia nel prodotto che nell'esperienza dell'acquisto. Il giornalista vicentino Paolo Madron, direttore del quotidiano on line Lettera 43 che ieri ha moderato la tavola rotonda "Il gioiello italiano ha bisogno di una nuova bussola", lo ha presentato come un formidabile retailer, con 2.500 punti vendita nel mondo, in procinto di raddoppiarli. Uno che sta introducendo il consumatore indiano al concetto del lusso, in un Paese dove peraltro la domanda di gioielleria è cresciuta del 62%. E allora, un personaggio così, capace di muovere quotazioni e interessi, cosa chiederebbe alla Fiera e ai nostri orafi? Orecchie aperte: «Marketing più veloce, comunicazione più rapida e immediata», risponde lui, che ammette di apprezzare l'execution (esecuzione) e l'appeal del design fatto dai nostri orafi. Al dibattito di ieri hanno partecipato, oltre al presidente della Fiera Roberto Ditri, anche Armando Branchini, segretario generale della Fondazione Alta Gamma che riunisce aziende italiane di reputazione internazionale, nella fascia più alta del mercato e Andrea Morante, amministratore delegato dei gioielli Pomellato. Per Branchini «importante evitare ristrutturazioni selvagge e trovare invece il modo di valorizzare la parte migliore delle imprese». Per Morante «bisogna costruire più brand». Per Matteo Marzotto, imprenditore e presidente di Enit, bisogna essere in grado di fare più sistema, magari a scapito dell'individualismo spaventoso che è sempre stato la nostra caratteristica.
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